lunedì, maggio 26, 2008

i meccanismi della pubblicità

postate il vostro lavoro!
FDB

11 commenti:

Anonimo ha detto...

La funzione fondamentale della pubblicità

Il campo della pubblicità è estremamente vasto e vario. In termini generali, la pubblicità è semplicemente un pubblico annuncio inteso a fornire informazioni, a suscitare interesse e a produrre una certa reazione. Essa quindi ha due scopi fondamentali: informare e persuadere.
La pubblicità commerciale ha la particolare funzione di favorire il trasferimento di beni dai produttori ai consumatori attraverso la creazione nel pubblico di una impressione favorevole e di una "immagine" positiva. La pubblicità è dunque un elemento importante nel funzionamento di una economia di mercato che va sempre più diffondendosi. Essa infatti può giocare un ruolo positivo nello sviluppo economico, nello scambio di informazioni e di idee e nella promozione delle relazioni tra le business communities.

Pubblicità veritiera

Tuttavia, poiché la pubblicità commerciale viene usata non solamente per informare, ma soprattutto per convincere le persone ad agire per acquistare prodotti o servizi, in essa si possono verificare particolari abusi. La pubblicità scorretta può in effetti arrecare danni e perfino produrre effetti contrari a quelli attesi. Una certa pubblicità è semplicemente falsa. Ma, solitamente, il problema della verità nella pubblicità è un po' più sottile: spesso la pubblicità non dice ciò che è manifestamente falso, ma deforma la verità insinuando elementi illusori o omettendo fatti pertinenti.

Evitare gli abusi

La gente dà per scontata nella pubblicità una certa esagerazione retorica e simbolica; entro i limiti della prassi riconosciuta e accettata, ciò può essere lecito. Ma esiste un principio fondamentale secondo il quale la pubblicità non può cercare deliberatamente di ingannare, sia che lo faccia esplicitamente o implicitamente, sia che lo faccia per omissione.
È dunque necessario realizzare iniziative valide non solo da un punto di vista tecnico, ma anche da un punto di vista etico-giuridico, rispettando la verità e svolgendo un esercizio responsabile della comunicazione pubblicitaria, anche al di là del semplice rifiuto della pubblicità falsa in senso stretto.

La progettualità come meccanismo di selezione

Gli obiettivi del Programma promozionale nazionale annualmente predisposto dal Ministro del Commercio con l’Estero si possono ricondurre a uno solo: favorire la crescita della produzione nazionale in un mercato caratterizzato da una competitività esasperata, dove la qualità e lo stile sono protagonisti. Per procedere in questa direzione il Ministero ha fatto una scelta ben precisa: privilegiare le azioni più efficaci, superando lo schema precedente degli interventi a pioggia.
La scelta ha richiesto la messa a punto di un meccanismo che indirizzasse il sostegno pubblico verso le iniziative più meritevoli, sottraendolo a quelle meno valide e questo meccanismo, come s’è detto, è stato individuato nella "progettualità".
E’ quanto di più efficace si possa immaginare nell’impiego delle risorse a scopo promozionale. In passato gli enti realizzavano i propri interventi a favore dello sviluppo con sistemi diversi, spesso sovrapposti ad altre iniziative e non coordinati tra loro. La progettualità ha invece introdotto il principio della selezione e dell’armonizzazione delle varie iniziative e le ha ricondotte ad un unico "Sistema Italia integrato".

Validità tecnico economica dei progetti

Vale la pena di sottolineare l’importanza di una buona presentazione del progetto promozionale sul quale si intende richiedere il sostegno pubblico. Va innanzitutto tenuto presente l’obiettivo fondamentale: i progetti devono sviluppare le condizioni più favorevoli alla conclusione di affari, devono essere articolati in azioni ben delineate e devono offrire metodi di misurazione del conseguimento dei risultati.
Inoltre, devono essere rispettati e seguenti profili:

le imprese italiane beneficiarie debbono costituire una collettività preesistente al progetto ed omogenea (per settore, territorio, evento, grado di internazionalità organizzazione aziendale, ecc.), affinché tutte ottengano al meglio i vantaggi delle azioni promozionali e siano messe in grado di dare un giudizio pertinente sull’utilità del progetto e sui risultati conseguiti; la loro nazionalità italiana è provata dall’iscrizione nel Registro delle imprese;

l’obiettivo, gli indicatori e gli standard previsti per valutare i risultati conseguiti devono essere propri delle suddette attività promozionali e non della commercializzazione, che segue alla promozione.

Le azioni promozionali tipiche

Per facilitare la presentazione dei progetti e la loro illustrazione in modo corretto e chiaro, il Ministero predispone con proprie circolari appositi schemi che possono essere compilati facilmente e pertanto si raccomanda di utilizzarli sempre. Altre importanti informazioni sono reperibili sul sito WEB, soprattutto per quanto riguarda le azioni promozionali tipiche, i parametri da utilizzare per la misurazione dei risultati e i questionari da usare.
Particolarmente importante, ai fini del riconoscimento del contributo, è la scelta degli interventi promozionali. Non tutte le azioni infatti sono accettabili. Non lo sono certamente quelle che in effetti costituiscono funzioni commerciali di vendita e quelle che rappresentano sostanzialmente l’attività ordinaria dell’ente. Soprattutto non sono accettate le azioni troppo generiche o inadatte a conseguire effetti promozionali di rilievo. Si ritiene utile indicare qui di seguito le azioni promozionali più comuni e di sperimentato effetto sui rapporti commerciali:

attività di informazione mediante predisposizione e stampa di materiale pubblicitario cartaceo o informatico (riviste, bollettini, newsletter, cataloghi, repertori); esercizio di pubblicità sulla stampa estera e sugli altri media, sportelli informativi e siti web in Internet; conferenze stampa; ospitalità a giornalisti, opinion leaders e buyers esteri, ecc.;


attività di presentazione dei marchi e dei prodotti mediante la partecipazione a fiere o l’organizzazione di mostre all'estero, le visite di operatori esteri a fiere internazionali italiane, gli incontri tra produttori italiani e distributori esteri, ecc.;


contatti d’affari mediante accompagnamento di delegazioni all’estero, missioni di operatori esteri in Italia, azioni di ricerca partners, ecc.;


addestramento attraverso l’organizzazione di corsi, stages e seminari;


assistenza e consulenza alle imprese mediante l’erogazione di servizi alle stesse;


ricerche di mercato, i sondaggi e gli studi, sul comportamento del trade e dei consumatori all’estero, o destinati alla individuazione dei canali di vendita più idonei;


presentazione del modello alimentare italiano sui mercati esteri attraverso iniziative tese a diffondere l’informazione sui prodotti tipici e di qualità, come ad esempio le dimostrazioni culinarie, la degustazione, le campagne pubblicitarie dei prodotti tipici;


attività di formazione di operatori commerciali e turistici esteri attraverso l’organizzazione di stages, educatiomals, conventions, corsi, seminari, ecc., che abbiano per oggetto la diffusione della conoscenza delle tradizioni artigianali regionali, ecc.;

Le azioni promozionali di ciascuna tipologia possono essere combinate nell’impostazione di un unico progetto. L’opportuno coordinamento delle azioni contribuisce a far sì che l’obiettivo del progetto sia conseguito con un maggior grado di efficacia.

Anonimo ha detto...

MECCANISMI PUBBLICITARI!!!!!!!!!!

Il rapporto tra bambini e televisione è un tema che, ormai già da diversi decenni, richiama l'attenzione di molti studiosi intenti a esaminare e comprendere le dinamiche di fruizione del piccolo schermo e gli effetti che questo può comportare sui piccoli telespettatori. Eppure, il rapporto bambini-Tv rappresenta ancora oggi un tema tanto delicato quanto attuale; la vasta letteratura esistente a riguardo ne ha senza dubbio messo a fuoco i temi cruciali, ma molto ancora vi è da dire, soprattutto andando oltre posizioni legate a logiche interpretative ormai obsolete.
I bambini concepiscono la pubblicità come parte integrante dei programmi televisivi, in particolare quando ritrovano i personaggi preferiti dei cartoni animati che si rivolgono a loro in prima persona, o ancora quando si compiacciono nel vedere i biscotti che hanno appena mangiato a colazione o i giochi con i quali trascorrono parte della giornata. Sono ormai lontani i tempi in cui la pubblicità era relegata al Carosello, circoscritta all'interno di uno spazio di programmazione determinato e limitato. Oggi la pubblicità si pone con soluzione di continuità all'interno del palinsesto giornaliero, rappresentando un genere televisivo con le proprie logiche e caratteristiche, al pari di un varietà, una fiction, un quiz o un cartone animato. E tuttavia, se accettiamo che i bambini imparano presto a gestire il linguaggio della Tv, ciò è ancor più vero a proposito della pubblicità, verso la quale i bambini si ritengono dei "piccoli esperti" capaci di analizzarne la struttura narrativa e valutarne l'efficacia persuasiva.
Seppur amalgamata nel fluire ininterrotto di comunicazione televisiva, rispetto ad altri generi la pubblicità mostra la peculiarità di definirsi come subcultura preadolescenziale, creando e consolidando legami sociali e di appartenenza fra coetanei.
Perché la pubblicità piace ai bambini?
Lo spot pubblicitario è una forma di comunicazione televisiva verso cui i bambini sviluppano una forte simpatia, attratti dalla vivacità delle sequenze, dalle musiche, dai personaggi che vi compaiono e dagli stessi prodotti reclamizzati. Infatti, una breve analisi del rapporto che si instaura tra bambini e pubblicità televisiva deve prendere in considerazione l'atmosfera di serenità, le relazioni positive e di successo che gli spot mostrano, la consueta presenza di bambini nel ruolo di protagonista verso cui i piccoli spettatori si identificano, il ritmo incalzante delle inquadrature, l'uso di alta computer grafica, la ripetizione e così via.
Effettivamente i bambini, molto più degli adulti, seguono con attenzione gli spot televisivi, ricordandone contenuti, struttura, musiche, battute, ecc. L'analisi attenta di Francesca Romana Puggelli, circa la dinamica della fruizione di pubblicità da parte dei bambini, pone in luce i meccanismi responsabili dell'attrazione degli spot televisivi nei bambini. In primo luogo viene rivelata la presenza di valori attraenti agli occhi dei piccoli telespettatori:
• la brevità spazio-temporale dei messaggi, che consente una fruizione intensa in un arco di tempo estremamente ridotto;
• la semplicità delle situazioni, che sono sempre familiari e facilmente riconoscibili, tali da renderle immediatamente distinguibili dalle complesse strutture comunicative messe in scena dagli spettacoli veri e propri;
• la semplicità verbo-iconica degli spot, che contengono spesso poche parole, ripetute e associate in maniera stretta alle immagini, cosa che ne facilita al massimo la comprensione e l'assimilazione;
• l'attrazione dei modelli proposti, legati a modalità di comportamento largamente diffuse e la cui assunzione viene ritenuta tale da poter offrire un miglior grado di inserimento e accettabilità nel gruppo dei pari.
Ancora, ne vengono individuate le caratteristiche formali, che facilmente fanno penetrare la pubblicità nel linguaggio e nel modo di pensare dei bambini:
• essa richiede continuamente attenzione, attraverso i continui movimenti sullo schermo che evocano una altrettanto continua risposta dello spettatore; il sistema nervoso si attiva infatti a ogni cambio di scena, di inquadratura, all'aumento del volume della musica, ecc.;
• la brevità delle singole sequenze televisive, in cui i rapporti spazio temporali sono vividi e ben delineati, trova la sua applicazione migliore nella brevità delle sequenze pubblicitarie;
• la mancanza di effetti di inferenza cognitiva: non c'è alcuna possibilità per i bambini di riflettere su quanto hanno appena visto, in quanto le immagini e i suoni successivi sommergono immediatamente quelli precedenti;
• la complessità di presentazione plurisensoriale, tipica del mezzo televisivo, in cui vista, udito e parola scritta agiscono simultaneamente, sollecitando il sistema nervoso;
• l'orientamento visuale della televisione, che minimizza l'attenzione ad altre sorgenti di informazione, impedendo quindi la distrazione durante la visione stessa;
• il forte range emozionale che la televisione è in grado di evocare; ogni azione presentata in televisione è molto più forte che in qualsiasi altro medium.
Inoltre, non è da sottovalutare che l'atmosfera predominante, soprattutto negli spot per bambini, è spesso quella familiare. Il clima familiare, infatti, imprime agli spot pubblicitari un carattere di armonia e serenità che i bambini percepiscono e possono identificare con lo stesso clima che vivono all'interno delle mura domestiche.
L’influenza della pubblicità sui bambini

Gli studenti del Corso di Laurea in Marketing e internazionalizzazione (t/a) presenteranno la loro ricerca di mercato giovedì 3 agosto, ore 11.30, presso l'Aula 138 del Polo Universitario “Città di Prato”. La ricerca è stata svolta nell'ambito dell'insegnamento di Marketing - ricerche di mercato, con il supporto del prof. Vincenzo Freni.
Gli studenti hanno intervistato un campione di bambini di età variabile tra i 6 e i 12 anni, residenti nei Comuni di Prato, Pistoia e Firenze. I bambini sono stati intervistati al fine di tracciare un quadro del loro stile di vita nel tempo libero e del ruolo svolto nei processi di consumo, con particolare riguardo al rapporto che hanno con le marche dei prodotti commerciali.
I risultati della ricerca evidenziano come l’immaginario del mondo infantile risulta, fin dalla prima età, presidiato da alcune marche famose e non solo per azione della pubblicità televisiva, ma anche per azione delle insegne e manifesti presenti nelle città, oltre che per azione del passaparola e del desiderio di emulazione.
Al fine di poter meglio interpretare il risultato dell’indagine, gli intervistati sono stati classificati in tre tipologie diverse di “baby consumer”. E, dato rilevante, il 50% appartiene alla classe denominata “io sono, io voglio” in cui l’ideologia della marca è maggiormente affermata e imperante.

L’influenza degli spot televisivi sui bambini

Oggi la pubblicità, rappresentando un genere televisivo vero e proprio con le sue logiche e caratteristiche, è entrata a far parte integrante del palinsesto televisivo giornaliero e non è più circoscritta all'interno di uno spazio di programmazione definito e limitato come era nel passato (si pensi al “Carosello”).Ed è proprio per questo motivo che, nell’ambito dell’attenzione che viene posta sul vasto tema del rapporto bambini-televisione, la fruizione della pubblicità da parte dei giovani telespettatori rappresenta un importante occasione di confronto fra gli esperti del settore. La velocità delle immagini, l’allegria delle musiche, la presenza di personaggi famosi contribuiscono a far si che la pubblicità attiri molto i bambini di oggi.

I BAMBINI E NON SOLO SONO “DOMINATI” DALLA PUBBLICITA’,FANNO RIFERIMENTO SOLO AD ESSA…E QUASI TUTTI I LORO DISCORSI PARLANO DI LEI,ORMAI LORO PADRONA!!

sofia

Anonimo ha detto...

ALLONTANAMENTO DALLA RELIGIONE


Abbiamo già parlato di messaggi subliminali che fanno apologia di satana, si direbbe quasi che il regime voglia creare un culto satanico di massa a giudicare dall'enorme mole di canzoni che al contrario rivelano preghiere a satana. La realtà, tuttavia, va approfondita al di là della prima evidenza.
Ciò che si propone di fare il regime è allontanare le masse giovanili (e non) dal culto religioso. E questo per un motivo, insieme semplice ed atroce:
chi non crede in niente è più facile da comandare.
Un ragazzo particolarmente devoto non correrà a ficcarsi un ago nella vena, nel momento in cui il suo cantante preferito dovesse ostentare la sua tossicodipendenza. Una ragazza particolarmente devota ben difficilmente potrebbe accettare la morale sessuale che il regime tenta d'imporre al fine di ridurre le nascite, né potrà pensare ad abortire eccetera, eccetera. Quindi la religione è sempre vista come un ostacolo da parte di chi ci comanda... cosa può esserci di meglio, per ridurne l'influenza che attivare contro di essa il subconscio collettivo tramite l'uso dei messaggi subliminali?, ...ma ...ma il messaggio subliminale può indurre al desiderio, non al disgusto. In altri termini, con la tecnica dei messaggi subliminali si può vendere facilmente del ghiaccio ad un eschimese, ma non si può fargli provare disgusto per il grasso di foca...
Bisognava trovare una soluzione... e la soluzione fu trovata scegliendo di fare desiderare, in maniera subconscia, ciò che le persone religiose chiamano "la scimmia di Dio"; ovvero il suo opposto. Desiderando ciò che è l'opposto di Dio, automaticamente, si finisce con l'odiare Dio.
Odiare Dio implica l'allontanarsi dalla religione e, conseguentemente, il divenire molto più facili da convincere, da dirigere, da controllare in base ai più turpi desideri del regime.
In tutte le audio cassette che si possono trovare in commercio inerenti il tema del subliminale, non ve ne è una che non presenti un enorme quantitativo di brani musicali, i quali, riprodotti al contrario, rivelano la presenza di messaggi occulti inneggianti a satana.
Fra i molti esempi che è possibile trovare nella cassetta allegata al già citato libro di Carlo Climati, interessante è l'esperimento del gruppo dei Deicide. Nella canzone "satan spawn the caco-demon"; letteralmente: satana genera lo spirito maligno; è messo sia in chiaro, che in subliminale lo stesso slogan, in maniera da imprimerlo meglio nelle menti degli ascoltatori.
Moltissime volte capita inoltre di ascoltare inni a satana in chiaro (anche senza messaggio subliminale annesso) come nelle canzoni dei litfiba, dei rolling stones, e di decine e decine di altri gruppi rock.
Parrebbe quasi superfluo a questo punto fare notare che l'enorme percentuale di adoratori di satana nel mondo della musica leggera non è certo dovuta al caso...
L'archetipo (26) del cantante perfetto è dunque colui che assommi su di se le tre caratteristiche fondamentali: depravazione sessuale, tossicodipendenza e, dulcis in fundo, aderenza al satanismo. Esempi di cantanti "perfetti" se ne trovano un'infinità: gianna nannini, veronica ciccone, in arte "madonna", boy george, i queen, gli iron maden, prince, helton john, ecc. ecc. Lascio al lettore completare l'elenco, che per estensione è ben superiore a quello delle ...pagine gialle...
Per inciso va osservato che la diffusione del culto satanico è effettuata anche con i fumetti - per esempio Dilan Dog - con i film, eccetera.
Come detto, il culto satanico serve a rendere la gente più facile da comandare; tuttavia esso è sinergico anche a tutti gli altri obbiettivi che il regime si prepone: nelle messe nere si fa abbondante uso di droga... Nelle messe nere si ci abbandona al sesso più mostruoso, consumando rapporti sessuali con cadaveri, con animali eccetera. Dunque chi per sua disgrazia dovesse approdare al culto satanico sarebbe un ottimo finanziatore degli squadroni della morte tanto cari alle multinazionali statunitensi. Inoltre, ben difficilmente potrebbe pensare di mettere al mondo figli... Insomma sarebbe in una parola "perfetto" per il regime.
LA MORTE DEMOGRAFICA


Altro obbiettivo che il potere persegue con i messaggi subliminali; oltre che con tutti gli altri mezzi propagandistici dei quali dispone, e quello della riduzione delle nascite. Ridurre il numero dei nati è importantissimo ai fini di un maggior controllo: paesi che dovessero crescere troppo dal punto di vista demografico finirebbero infatti per essere difficilmente controllabili da parte degli Stati Uniti; inoltre, anche al suo interno, la plutocrazia statunitense ha interesse a ridurre le nascite di tutte quelle popolazioni refrattarie alla sua politica sionista ed imperialista.
Per ridurre le nascite non esiste metodo migliore che indurre alla corruzione sessuale.
Il rock and roll inizialmente nacque "solo" per questo. Infatti rock and roll significa letteralmente: rollio e beccheggio; ovverosia il movimento che fanno le automobili dove si sta facendo sesso. Rock and roll, nel gergo americano, significa in sostanza: "scopare in macchina" (mi si perdoni l'espressione un po' volgare, ma è quella che rende meglio l'idea).
Negli anni cinquanta, il rock and roll, con le continue contorsioni del bacino dei cantanti alla elvis presly; determinò quella rivoluzione sessuale che ridusse in maniera drastica le nascite in tutto l'Occidente. Infatti se una donna viene svalutata a semplice oggetto di desiderio sessuale, se per sentirsi sicura; sicura di piacere, ben inteso; la donna è indotta a mostrare parti sempre maggiori del suo corpo, se le canzoni presentano l'amore come qualcosa di angoscioso... evidentemente...chi volete che pensi più a metter su famiglia? Un uomo cerca nella donna il suo naturale completamento; in altri termini, cerca ciò che non gli è proprio, ovvero: grazia, dolcezza, ma, soprattutto, pudicizia. Un tempo esisteva come supremo modello di femminilità la Madonna, sublime esempio di pudicizia, oltre che di moglie e di madre ideale. Ora una ben altra madonna è proposta all' "adorazione" delle masse giovanili... una madonna che non manca di dichiararsi prostituta.
Ma chi sposerebbe mai una prostituta spudorata e dispotica? Si, anche dispotica, perché anche il dispotismo viene costantemente indotto dalla propaganda nella mentalità femminile.
Solo da rapporti di coppia duraturi e stabili può nascere una prole. Ma in base al modello di femminilità che attualmente il regime ci propone non possiamo che andare incontro a quella che si chiama "MORTE DEMOGRAFICA".
Un interessante esempio di messaggio subliminale che ci spinge alla depravazione sessuale è rintracciabile in una canzone dei "beatles" intitolata "Revolution 9" dell'album "Bianco" dove al contrario è distintamente udibile la frase: "turn me on dead man" che significa: "eccitami uomo morto"...ogni commento è superfluo.
Porcherie di questo genere sono facilmente riscontrabili in molte canzoni, anche italiane; per esempio gli enigma; nella canzone intitolata "principles of lust" (letteralmente: "i principi della lussuria"), dell'album "Mille e novecento novanta, anno Domini"; hanno mescolato i canti gregoriani che invitano alla fedeltà a Dio ed alla purezza, con i sospiri generati da una sorta di orgasmo femminile.
Inutile dire che anche in questo caso; cioè anche nel caso della propaganda alla corruzione sessuale, ai messaggi subliminali si accompagnano abbondantemente messaggi in chiaro, inoltre se andassimo a fare una statistica scopriremmo senz'altro che il numero delle cantanti palesemente depravate ed il numero dei cantanti palesemente omosessuali, o comunque depravati, è, in percentuale, rispetto alla popolazione "comune", semplicemente mostruoso.
Ovvero, la percentuale di cantanti maschi omosessuali è spropositatamente maggiore rispetto alla norma. Quei pochi cantanti maschi che omosessuali non sono, non nascondono di condurre una vita sessuale quanto mai depravata... Per quel che concerne le "femmine" del rock, se non assumono atteggiamenti viriloidi alla gianna nannini, sono mangiatrici di uomini alla anna oxa; oppure entrambe le cose, come la rettore.
Dunque, per quel che concerne l'effetto "testimonial", del quale abbiamo parlato in precedenza, il regime sceglie gli idoli delle masse giovanili, non solo fra i drogati; bensì anche fra i depravati di ogni sorta e tipo.
E tutto ciò, lo ribadisco, al fine di ridurre le nascite.
A questo punto sorge doverosa una precisazione, per evitare possibili fraintendimenti: chi vi parla non ha nulla contro i drogati e gli omosessuali; semplicemente vuole fare si che droga ed omosessualità non vengano diffuse. In altri termini: i malati, (perché di malati si tratta) in quanto tali, vanno curati; ma, se si ha di mira il bene comune, si deve impedire loro la diffusione della malattia.
Per concludere il discorso relativo al controllo demografico da parte del regime vorrei sbugiardare un luogo comune, sapientemente instillato nella mente della gente: si suole ripetere che la Terra è piccola... che le risorse alimentari sono limitate... che la crescita della popolazione non potrà portare altro che disoccupazione e miseria...fino alla vera e propria morte per fame di milioni e milioni di abitanti del pianeta... Ebbene tutte queste affermazioni sono menzogne squallide e spudorate anche se condite in salsa ecologica e\o scientifica. Infatti queste riflessioni si basano su di una tesi suggestiva, ma falsa, in base alla quale, affronte di una popolazione che cresce vi sono delle risorse alimentari costanti. Si dice: "se la popolazione raddoppia ed i campi rimangono gli stessi ognuno avrà la metà delle cose da mangiare"; ma si ci dimentica che da quando esiste l'uomo sulla terra le sue risorse alimentari sono sempre cresciute in misura superiore rispetto alla crescita demografica: nel 1700 in Inghilterra un campo di grano produceva, a parità di estensione, 14 volte di meno rispetto a quanto non produca ora, ma la popolazione inglese da allora ad oggi è solo decuplicata.
Per cui le risorse alimentari si sono moltiplicate per 14 e la popolazione solo per 10.
Nel 1946 la Cina aveva circa 400 milioni di abitanti e la morte per fame era endemica (21) (si trattava in effetti della principale causa di morte in quel paese); ora la Cina ha un miliardo e duecento milioni di abitanti, esporta grandi quantità di derrate alimentari... è da poco diventata la seconda potenza economica mondiale... e si avvia allegramente a diventare la prima...
Crescere, dal punto di vista demografico, ha sempre significato crescere anche dal punto di vista politico, militare ed economico. Esattamente ciò che, chi comanda negli Stati Uniti d'America, non vuole che accada a noi.
Percui, il regime non si comporta in maniera "filantropica (22)" od "ecologica" nel momento in cui cerca in tutti i modi di ridurre le nascite, ma lo fa solo per infami motivi di controllo imperialistico.
A riguardo della corruzione sessuale a finalità antinatali, vi è un'ultima riflessione da compiere.
Nell'ambito del mondo canzonettitico; ed in particolare del mondo della musica leggera italiana vi sono moltissimi brani apparentemente innocui che presentano invece pericolose insidie dal lato del convincimento occulto, anche se non propriamente subliminale. Per spiegarmi meglio farò l'esempio della celeberrima canzone "fatti mandare dalla mamma a prendere il latte" di Gianni Morandi [cantante dalla faccia pulita per antonomasia (23)]. Nel citato brano musicale il cantante impersona un ragazzo geloso per aver visto la propria ragazza mano nella mano insieme ad un altro; il brano testualmente recita: "tu digli a quel coso\ che sono geloso\ e se lo rivedo\ gli spaccherò il muso"; alla fine del brano c'è; ripetuta molte volte, la frase "ho bisogno di te", riferita alla già citata ragazza. Ora, tentiamo di fare una sorta di analisi del brano in questione.
Innanzitutto, se negli anni sessanta una ragazza camminava mano nella mano con un ragazzo, significava che era ufficialmente fidanzata con quest'ultimo. Infatti all'epoca la morale era ben diversa dall'attuale. Inoltre, anche oggi, camminare mano nella mano implica quasi sempre lo stare insieme. Percui il tradimento di lei era già avvenuto. Come detto a tradire era stata lei, non certo "quel coso" di cui parla la canzone; e non si vede, dunque, perché il cornificato debba prendere a pugni lui, quando egli è stato il semplice oggetto e non il soggetto del tradimento. Infatti a tradire "lui" è stata "lei", e ciò perché era "lei" che stava con lui; non certo il "coso". Ma la "divina" non si sente messa sotto accusa, come senz'altro meriterebbe...noo!, anzi... lui ha bisogno di lei, la chiama ripetutamente "amore", eccetera, eccetera...
Ovviamente non ci si trova, per caso, dinanzi ad un cornuto contento: la canzone deve ficcare nella testa delle ragazze che esse possono impunemente tradire, ricevendo addirittura le moine ed i complimenti del cornificato di turno. Ma, ovviamente, nella vita reale, chi tradisce viene lasciata e... molto meno probabilmente farà figli...
Quasi tutte le canzoni italiane di musica melodica contemporanea presentano tentativi di convincimento occulto tendenti a corrompere sessualmente. In genere si tratta di elogiare in maniera fortissima la "musa (24) ispiratrice". Gli elogi sperticati ed i complimenti strampalati alla ragazza di turno non servono tanto per vendere, quanto per corrompere le ascoltatrici; le quali, pretenderanno quei complimenti, ben poco virili, dai loro fidanzati. Questi ultimi, inoltre, non potranno certo rispettare chi è pronta a strapparsi i capelli per l'eros ramazzotto di turno; infatti il tradimento virtuale non è molto meno odioso del tradimento reale. Ed i cantanti di musica melodica contemporanea sono, guarda caso, tutti, ma proprio tutti, bellissimi.
Va infine notato che la corruzione della donna a fini antinatali è portata innanzi anche da tutte le altre forme di propaganda del regime: nei film, dove quando un uomo ed una donna si colluttano, ad avere la peggio è sempre l'uomo; nei telegiornali dove la retorica femminista spinge all'odio tra i sessi (25); ed in tutte le trasmissioni di varietà dove spesso risuona il ritornello secondo il quale è la donna che deve comandare.
Ben tristi sono quelle coppie nelle quali la donna con ricatti morali; imparati alla turpe scuola della propaganda, si impone, dispoticamente, al proprio uomo.
Al riguardo vi è infine da dire che la propaganda si sta sforzando al massimo per spingere le donne ad odiare gli uomini. Ogni film, telefilm, cartone animato (vedi i Simpson) tende sempre a rappresentare le donne quali vittime del MASCHIO INFAME; oppure come vincitrici ovviamente contro il MASCHIO che, manco a dirlo, non può che essere INFAME. Le donne sono istigate ad odiare disprezzare e schernire qualsiasi rappresentante del genere machile che possa essere sessualmente attivo: insomma tutti tranne i bambini ed i vecchi.
www.ccsg.it

ESEMPIO DI PUBBLICITA’
Pensate a questa pubblicità, se la ricordate:

Ci sono un nonno e un bambino, un nonno con i capelli bianchi e col volto rassicurante, un bimbo con la faccia angelica e lo sguardo vispissimo,questi due sono sempre a tavola, seduti di fronte ad una quantità di cibo che farebbe svenire un elefante; stranamente, però arriva sempre un ospite, un ospite a cui loro, veri ingordi ,rifilano tutto tranne il formaggio Philadephia che invece essi si spartiscono avidamente, facendo di tutto per impedire allo sfigato ospite di turno di non mangiare quel buonissimo formaggio.

Per fortuna che nell'ultima versione dello spot, arriva un ospite che invece di farsi fregare si sbaffa lei il formaggio lasciando il nonno e il bambino completamente di sasso.

Così imparano....

In ogni caso sia l'una che le altre versioni dello spot sono odiose, non simpatiche, non divertenti, sono le classiche pubblicità da zapping, che ti fanno cambiare canale anche se hai la mano in cancrena, preferisci soffrire fisicamente, piuttosto che vederle!


www.dooyoo.it/pubblicità-tv/philadelphia-kraft/232163/

Verdiana

Anonimo ha detto...

LA PUBBLICITA’

La pubblicità arrivò in televisione italiana il 3 febbraio del 1957, ma una norma della Concessione tra il Ministero delle Poste e la RAI prevedeva che gli spazi pubblicitari non potessero superare il tetto del 5% del tempo di trasmissione totale. Si pensò che una massiccia dose di pubblicità televisiva avrebbe potuto danneggiare gli altri mezzi (giornali, cinema, manifesti, …) che traevano profitto, in parte o del tutto, dalla vendita di spazi pubblicitari. Inoltre la logica del “palinsesto pedagogizzante”, secondo la formulazione di Gianfranco Bettetini, prevedeva pochi spazi per la pubblicità. Le comunicazioni pubblicitarie vennero ghettizzate in un contenitore che ebbe, però, un grande successo e diventò anche occasione di sperimentazione di linguaggi e personaggi, nonché un vero fenomeno di costume: Carosello.
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Carmencita e Caballero, popolari testimonial della Lavazza in un celebre - e celebrato - Carosello degli anni settanta ideato da Armando Testa


Carosello conteneva quattro o cinque messaggi pubblicitari di una lunghezza che oggi sarebbe al di fuori del budget di qualsiasi investitore pubblicitario. Al suo interno si raccontavano vere e proprie storie da cui sono usciti modi di dire e personaggi celebri: dal celeberrimo "Ava, come lava!" pronunciato dal pulcino Calimero, ad un irrimediabilmente calvo ispettore Rock che, dopo aver indotto i malfattori a tradirsi, concludeva con la fatidica frase "anch'io ho commesso un errore: non ho mai usato brillantina Linetti.
grazie al meccanismo del “minimo garantito” e al sistema del “traino”, in modo del tutto discrezionale, gestiva la pubblicità non televisiva pilotando le concessioni di spazi pubblicitari anche verso veicoli pubblicitari poco appetibili come, ad esempio, alcuni giornali di partito. Il “minimo garantito” consiste nel garantire ai giornali che le affidavano la raccolta della propria pubblicità, ancora prima di iniziare la raccolta vera e propria, delle inserzioni con un minimo annuale. Non riuscendo a procurare l'eccessiva pubblicità garantita a certe testate, la SIPRA ricorreva a una sorta di ricatto: ammetteva a far pubblicità in radio o in televisione quelle aziende che accettavano di stipulare contratti pubblicitari con giornali o riviste. “Qualche anno fa ditte di detersivi dovettero fare pubblicità sul Carabiniere, e la campagna della MiraLanza dell'olandesina finì sulle pagine dell'Avanti!, dove mi pare difficile ci possano essere lettori interessati al prodotto”, sostiene Renzo Zorzi, presidente dell'Upa, l'associazione che riunisce oltre 400 aziende che fanno l'80% della pubblicità circolante in Italia. [...]Stavamo pianificando la pubblicità di una penna alla televisione”, rincara Alberto Vitali, presidente dell'Otep, associazione d'una cinquantina di agenzie di pubblicità, e ci siamo sentiti chiedere 10 milioni di pubblicità di quotidiani, e 12 milioni per il Borghese e Successo”.

Le tecniche di comunicazione utilizzate sono persuasive, suggestive, seduttive, a volte anche in modo occulto, o subliminale (vedi i frequenti nudi femminili, apparentemente fuori dal contesto, che però servono per far associare, a livello inconscio, il prodotto al proprio desiderio sessuale). Un discorso a parte meritano i così detti ‘testimonial’, ovvero quei personaggi famosi, che si prestano a pubblicizzare il prodotto, talvolta dichiarandosene utilizzatori abituali. Questo tipo di pubblicità funziona moltissimo, perché per convincere è necessario, tra l’altro, che la fonte dell’informazione sia conosciuta, autorevole e, soprattutto, credibile: quasi come una garantia scritta.

BY CAMILLA :-)

Anonimo ha detto...

I messaggi subliminali visivi
Il termine subliminale viene dal latino "sub limen" che significa "sotto il limite".
Una teoria ipotizza infatti che certi segnali non facilmente interpretabili dai nostri sensi in quanto troppo deboli possano invece essere recepiti in modo inconscio ed elaborati ugualmente dalla nostra mente!

Si è spesso parlato quindi di parole o musiche nascoste in altri brani musicali o di odori diffusi nei supermercati o ancora di immagini celate in altre e che spesso hanno riferimenti sessuali!

Questi ultimi infatti sono quelli che sono universalmente riconosciuti come catalizzatori dell'attenzione!

In realtà i messaggi subliminali visivi apparvero nel 1956 ad opera di un agente pubblicitario di nome James Vicary titolare della "Subliminal Projection Company".

Vicary cercò dei clienti interessati all’utilizzo di un’apparecchiatura che proiettasse su uno schermo cinematografico ogni cinque secondi "Hai fame? Mangia il popcorn!" o "Bevi Coca-Cola!".
Un cinema di Fort Lee nel New Jersey impiegò questa apparecchiatura per un periodo di sei settimane mentre veniva proiettato il film Picnic e le vendite aumentarono vorticosamente: il popcorn del 37 5% e la Coca-Cola del 38% ma il cinema rifiutò di fornire ulteriori dettagli sull’esperimento.

L’anno seguente nacque la Precon Process and Equipment Corporation. Il loro scopo prefissato era quello di inserire messaggi subliminali nei film nei bar e sui cartelli pubblicitari. Il personale della compagnia comprendeva uno psicologo e un neurologo laureato in ingegneria. Essi affermarono di avere raddoppiato per mezzo dei soli metodi subliminali il consumo di una bibita pubblicizzata.Da lì in poi le storie su presunti o veritieri messaggi subliminali nascosti nei dischi nei film nei cartelloni pubblicitari etc... si sono moltiplicate!

I MECCANISMI PUBBLICITARI
Perché quando camminiamo per strada o quando siamo concentrati alla guida dell’automobile il nostro sguardo improvvisamente si sposta su un annuncio pubblicitario? Cosa succede quando guardiamo la tv e all'istante rimaniamo incantati, estasiati e rapiti da quello che può sembrare un semplicissimo spot pubblicitario? Quali sono insomma i meccanismi di cui si serve un testo pubblicitario per attirare la nostra attenzione?
La risposta è contenuta all’interno degli stessi testi pubblicitari: essi, infatti, forniscono delle stimolazioni che hanno proprio la funzione di attirare l’attenzione del destinatario, spesso distratto o impegnato coscientemente in altre attività, e convogliarla verso il prodotto pubblicizzato.
I primi sono elementi che riguardano il contenuto del messaggio pubblicitario, che fanno leva sui moventi interni dell’uomo, sui suoi bisogni, sulle sue aspettative etc. I secondi sono elementi percettivi appartenenti al mondo esterno, che in base alla loro intensità e alle loro caratteristiche peculiari si impongono al mondo percettivo del ricevente, dando una salienza al testo. Affinché questi stimoli producano dei risultati positivi (catturino l’attenzione e la dirigano sulle intenzioni del comunicatore) è necessario che essi siano pertinenti con ciò che si aspetta il destinatario: che tengano conto dei suoi interessi e che richiedano lo sforzo di trattamento minore.

CAPITOLO 1
Percezione e attenzione
“L’attenzione è la presa in possesso da parte della mente,
Essa implica il ritiro da alcune cose allo scopo di occuparsi con maggiore efficacia di altre.”
Ogni giorno viviamo immersi in un mondo ricco di suoni, odori e colori. Una valanga di informazioni travolge i nostri organi di senso. Biologicamente essi ci permettono di ascoltare, vedere, toccare e sentire tutto ciò che ci circonda, ma non tutte le informazioni che riceviamo dal mondo esterno spesso vengono registrate e in seguito elaborate. L’individuo opera costantemente una selezione percettiva fra le miriadi di stimoli ambientali, in un continuo confronto tra la situazione attuale, gli stimoli che più attirano la sua attenzione e l’esperienza passata. In altre parole, sia le condizioni attuali del soggetto, sia i suoi atteggiamenti “pregiudiziali” e attese ne influenzano l’esperienza percettiva.
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FONTI:WWW.MESSAGGI SUBLIMINALI & MECCANISMI PUBBLICITARI.COM

GIADA

Anonimo ha detto...

economia basata sui consumi  la pubblicità rappresenta il motore che muove tutto il sistema, attraverso la sua forza comunicativa, la sua capacità di persuadere;

linguaggio: deve essere ambiguo, allusivo, evocativo, capace cioè di veicolare messaggi che influiscano sulle emozioni del pubblico;

*Il ‘consiglio per gli acquisti’ deve colpire il consumatore nelle sue fragilità, nelle sue debolezze, ma anche nelle sue aspirazioni al cambiamento, al miglioramento*

->Un prodotto molto costoso  ambienti di lusso, ben vestiti, circondati dai simboli del potere e del successo: macchine sportive, ville con piscina, alta tecnologia, luoghi inaccessibili ai più.<-

_Slogan espressi in lingue straniere (soprattutto inglese e francese) sono diretti a delle persone acculturate, soprattutto giovani, che magari aspirano ad una posizione sociale più elevata e che ,appunto, sono più inclini all’acquisto di quel prodotto come status symbol, per essere meglio accettati dal gruppo sociale cui desiderano appartenere._

La pubblicità della gente comune (detersivi , mozzarelle, caffè, ecc.)
_\
/ ll inguaggio utilizzato è molto vicino al linguaggio parlato e si serve addirittura del dialetto. Alcune
espressioni sono volutamente sgrammaticate.
_| |_
\ /
\_/
vecchie barzellette, battute spiritose, situazioni comiche  le persone riconoscono facilmente sé stesse ed il mondo che le circonda




Le parole che spesso sono inserite nella pubblicità hanno lo scopo di rendere più chiaro ed efficace il messaggio in modo che l’idea trasmessa rimanga facilmente impressa nella memoria di chi lo riceve.
|
|__disposizione nella pagina, il carattere grafico, le dimensioni e il colore delle scritte.
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I colori possono suscitare degli effetti e richiamare diversi significati simbolici: i colori forti e contrastanti servono ad attirare l’attenzione; il bianco serve a richiamare la purezza, l’igiene, la pulizia; il verde e l’azzurro vengono usati per rievocare l’ambiente naturale e incontaminato; il rosso è un colore caldo ed emotivo che incita all’azione; il blu è il colore della notte; il giallo, quello caldo del sole e richiama significati di preziosità ed eleganza; il nero viene usato per prodotti raffinati e di lusso; il grigio ed il bruno sono usati per gli sfondi e fanno risaltare gli altri colori.


http://www.psicolinea.it/c_e/il_linguaggio_della_pubblicita'.htm

Beatrice

Anonimo ha detto...

CARATTERISTICHE PUBBLICITARIE
• È un tipo di comunicazione pluricodice
• La sorpresa tecnica per attirare l’attenzione del pubblico con un linguaggio di tipo
-visivo
-verbale
-Auditivo

Per il linguaggio verbale si utilizza la funzione metalinguistica e poetica e mai quella persuasiva
• Per tecnica visiva si utilizzano inquadrature, colori e scene particolari
• Comunicazione: due vie-narrazione –linguaggio figurale.
• Persuasione diretta o meno diretta.
-Diretta: a volte viene usata una presentazione fatta da un personaggio famoso
-meno diretta: tre tecniche.
1-il prodotto associato a musiche celebri o a belle ragazze
2-evocazione di un’atmosfera
3- si presentano i prodotti in maniera silenziosa, diretta e senza elogi

MESSAGGI SUBBLIMINARI
II TERMINE SUBBBLIMINALE VIENE DAL LATINO SUB LIMEN CHE SIGNIFICA SOTTO IL LIMITE.
1 teoria: ipotizza infatti che certi segnali non facilmente interpretabili dai nostri sensi in quanto troppo deboli


paola e fiore=)=)=)=)

Anonimo ha detto...

LE CARATTERISTICHE DELLA PUBBLICITà

Il linguaggio pubblicitario è un tipo di comunicazione pluricodice, basato cioè sull'interazione di più sistemi di segni: alle immagini e al testo scritto della pubblicità stampata si aggiungono la musica e il testo orale della pubblicità televisiva, che è quella di maggiore impatto sul pubblico.
Frequentissime le figure retoriche e i giochi fonici, particolarmente la paronomasia, o bisticcio, l'allitterazione, l'assonanza e la rima: "Tubiamo?" è l'ammiccante invito di una scatola di cioccolatini a forma di tubo.
Anche la psicolinguistica e il fonosimbolismo soccorrono spesso la pubblicità, mostrando quali siano gli orizzonti d'attesa "acustica" del grande pubblico. Varie indagini hanno mostrato che taluni fonemi sono perlopiù associati, inconsciamente, a certe sensazioni: la U al cattivo odore, la I ad un gusto piccante. A ciascuna lingua, poi, è associata una serie di luoghi comuni: la sensualità allo spagnolo usato per i superalcolici, la raffinatezza al francese (profumo), l’efficienza all'inglese e al tedesco, l'alta tecnologia al giapponese.
Tra le tecniche di persuasione più adottate in pubblicità è la presupposizione. Consiste nel far credere (inconsciamente) al lettore/ ascoltatore che parte del messaggio che sta ricevendo sia scontata, senza bisogno di essere dimostrata. Vediamo qualche esempio: "La freschezza di Jocca ha solo il 7% di grassi" (si dà per scontata la freschezza del prodotto, reclamizzandone soltanto l'ipocaloricità).
Un'ultima tecnica è l'ammiccamento, per lo più a sfondo erotico: "io ce l'ho profumato. L'alito. Perché , cosa avevi capito?" ( Pubblicità di una caramella); "Lo facciamo sui tetti e sui divani… Lo sconto e il finanziamento! A interessi zero" (Negozio di arredamento).

La pubblicità associata al gioco. Associare un messaggio promozionale al divertimento.
Abbiamo più punti da vedere:

Non intrusivo
Si tratta, in assoluto, di una forma pubblicitaria di tipo pull. L'utente sceglie di accedervi, di giocare, di ricevere il messaggio pubblicitario. È implicito nelle regole stesse del gioco. E questo è di fondamentale importanza, perché un utente che sceglie sarà maggiormente predisposto di un utente che subisce una pubblicità (per esempio in una finestra pop up).

Divertente
Va da sé: cosa c'è di più divertente di un gioco? Se la parte di gioco e la parte di pubblicità sono ben miscelate, il messaggio passerà insieme, dentro il divertimento stesso. E questo produrrà una prima, positiva associazione di idee: il marchio, il prodotto, o comunque il messaggio, sarà associato al divertimento.

Fidelizzante
Un gioco ben fatto assicura una notevole fedeltà dell'utente. Ci sono addirittura community di persone che si sono create attorno ai giochi storici. L'utente si appassiona, lo sente come suo, alimenta il senso di sfida. Senza il bisogno di arrivare a una fidelizzazione pluriennale, un buon gioco sicuramente può legare a sé gli utenti per il tempo previsto da una normale campagna.


Virale
L'effetto virale è noto da tempo nel marketing e in sostanza rappresenta la capacità di un messaggio di riprodursi in una comunità da solo, una volta immesso in circolo, proprio come un virus. Il passaparola, amplificato dall'e-mail che ne è lo strumento principale di diffusione, può raggiungere velocemente molte persone, moltiplicando l'effetto distributivo. L'effetto virale può essere attivato direttamente sul gioco (tramite inviti alla sfida) oppure sul link (tramite una forum del tipo "spedisci a un amico", magari potenziata da bonus per il gioco in rapporto al numero di amici coinvolti). In pochi giorni, si possono raggiungere numerose persone secondo lo stesso schema riprodotto più sotto in tabella. Si tenga presente che un gioco di medio successo può portare a un effetto virale di 10 persone per 1. Date le caratteristiche di chiusura che spesso investono il viral marketing (le cerchie di amici tendono a invitarsi vicendevolmente), un rapporto di 5 persone per 1 è un valore ragionato per difetto e, in sostanza, quasi il minimo raggiungibile. Ciononostante, in una settimana si possono facilmente coinvolgere più di 78 mila utenti partendo da una distribuzione molto limitata. Le potenzialità sono notevoli.

Anonimo ha detto...

Con il termine pubblicità si intende quella forma di comunicazione a pagamento, diffusa su iniziativa di operatori economici (attraverso mezzi come la televisione, la radio, i giornali, le affissioni, la posta, Internet), che tende in modo intenzionale e sistematico a influenzare gli atteggiamenti e le scelte degli individui in relazione al consumo di beni e all’utilizzo di servizi.

La pubblicità può essere diffusa od esposta sia in "spazi" pubblici che privati.

Negli "spazi" pubblici, i messaggi pubblicitari si affiancano di regola ai messaggi di informazione prodotti dagli enti pubblici per comunicare ai cittadini notizie di comune interesse.

Il criterio per distinguere i due tipi di comunicazione, conviventi nello stesso "canale" informativo, è l'aver presente che l'informazione pubblica serve alla diffusione di notizie utili alla collettività intera, mentre la pubblicità serve a diffondere notizie utili ad incrementare i profitti economici dei suoi committenti (coloro che la promuovono e la producono).

Per la convivenza promiscua dei messaggi, informativi pubblici e pubblicitari privati, nello stesso "canale" informativo, può verificarsi, a volte, il caso di un conflitto in termine di contenuti, conflitto di cui non si conoscono gli effetti sul pubblico (specie dei giovani) che li percepisce e li registra nei suoi schemi mentali. Ad esempio, è possibile vedere esposti contemporaneamente, nelle strade di una città, messaggi pubblici, informativi, di raccomandazione a non abusare dell'alcool, e messaggi pubblicitari, privati, che esaltano i "pregi" di una bevanda alcoolica.

Secondo una definizione monolaterale, cioè dal solo punto di vista dei promotori di essa, la pubblicità è l'attività aziendale che è diretta a far conoscere l'esistenza o ad incrementare il consumo e l'uso di un bene o un servizio. Le aziende fanno attività pubblicitaria principalmente (ma non solo) attraverso i mezzi di comunicazione di massa: (radio, televisione, giornali e periodici, internet, ecc...)

Anonimo ha detto...

Con il termine pubblicità s’intende quella forma di comunicazione a pagamento, diffusa su iniziativa di operatori economici (attraverso mezzi come la televisione, la radio, i giornali, le affissioni, la posta, Internet), che tende in modo intenzionale e sistematico a influenzare gli atteggiamenti e le scelte degli individui al consumo di beni e all’utilizzo di servizi.
La pubblicità può essere diffusa o esposta sia in "spazi" pubblici Negli "spazi" pubblici, i messaggi pubblicitari si affiancano di regola ai messaggi di informazione prodotti dagli enti pubblici per comunicare ai cittadini notizie di comune interesse.
Il criterio per distinguere i due tipi di comunicazione, conviventi nello stesso "canale" informativo, è l'aver presente che l'informazione pubblica serve alla diffusione di notizie utili alla collettività intera, mentre la pubblicità serve a diffondere notizie utili ad incrementare i profitti economici dei suoi committenti (coloro che la promuovono e la producono).
Per la convivenza promiscua dei messaggi, informativi pubblici e pubblicitari privati, nello stesso "canale" informativo, può verificarsi, a volte, il caso di un conflitto in termine di contenuti, conflitto di cui non si conoscono gli effetti sul pubblico (specie dei giovani) che li percepisce e li registra nei suoi schemi mentali. Ad esempio, è possibile vedere esposti contemporaneamente, nelle strade di una città, messaggi pubblici, informativi, di raccomandazione a non abusare dell'alcool, e messaggi pubblicitari, privati, che esaltano i "pregi" di una bevanda alcoolica.
Secondo una definizione monolaterale, cioè dal solo punto di vista dei promotori di essa, la pubblicità è l'attività aziendale che è diretta a far conoscere l'esistenza o ad incrementare il consumo e l'uso di un bene o un servizio. Le aziende fanno attività pubblicitaria principalmente (ma non solo) attraverso i mezzi di comunicazione di massa: (radio, televisione, giornali e periodici, internet, ecc...)

carlotta

Anonimo ha detto...

Che cos’è la pubblicità e come funziona
L’arte di convincere i consumatori


La disciplina del marketing
– in cui l’arte prevale sulla scienza

Non so se ogni pubblicitario debba avere una sua definizione della pubblicità. Il fatto è che fui obbligato a improvvisare la mia in diretta, durante un’intervista in televisione. I miei neuroni lavorarono a gran velocità e dissi subito:
«La pubblicità è... l’arte di convincere i consumatori».
Come avrete indovinato, da quel giorno cominciai a usare questa frase e, con gli anni, l’ho sedimentata fino al punto di farne definitivamente “la mia definizione”.
Ho una particolare ostinazione sulla parola arte, perché in tutte le discipline di marketing c’è una formula magica basata su una certa proporzione fra scienza e arte.
Può darsi che fra tutte la pubblicità sia quella in cui la bilancia pende di più dalla parte dell’arte. Ma la scienza è lì e fa da contrappeso, come un alter ego indispensabile, per impedire che le fantasie artistiche portino il pubblicitario fra le nuvole e lo allontanino dalla realtà del mercato. Permettetemi di fare una confessione. Non sono geniale, e direi che ho la fortuna di non esserlo, perché quella che è stata, è e sarà la mia grande passione e professione, la pubblicità, non ha bisogno di geni.
Invece premia il professionista con sensibilità e buon senso. Chi sa tenere i piedi per terra e riservare un grammo di follia creativa solo per quando è necessario.
Chi ottiene risultati, chi sa far suonare il registratore di cassa dei sui clienti.
E c’è una seconda confessione, senza falsa modestia. Credo di essere stato un buon venditore. Vendere è un’arte, un’arte da uomini e non da geni. Perché ha nella tecnica il suo migliore alleato, ma ha bisogno di quella scintilla magica che solo l’intuizione può dare.
Mescola un grammo di intuizione con una buona dose di buon senso in una pentola fabbricata con le tecniche più avanzate. I risultati possono essere esplosivi. Così si può scoprire la formula segreta della pubblicità efficace.
La mia prima agenzia di pubblicità si chiamò Venditor. Dal verbo vendere, in latino. Sono più di quarant’anni che vendo e questa esperienza mi permetterà di illustrare con molti esempi tutte le tecniche necessarie nella pubblicità. Sulla corda ondeggiante del mercato, solo l’equilibrio fra scienza e arte, fra ricerca e creazione, ci permette di camminare evitando il rischio di cadere nel precipizio.

Come si comporta il consumatore
La pubblicità è un ponte fra il prodotto, o il servizio, e il consumatore. Ce ne sono infinite versioni. Può essere un ponte di pietra o di ferro, romantico o di disegno ultramoderno, sicuro o rischioso, largo o stretto, e così via.
La pubblicità non è una strada da percorrere, ma da tracciare. Non siamo viaggiatori o alpinisti, ma ingegneri di ponti e strade. Dice Antonio Machado:«no hay caminos si no que el camino se hace al andar» – non ci sono strade se la strada non si fa camminando. Con il permesso del poeta, possiamo dire che in pubblicità forse si intuiscono strade, ma la strada vera si scopre percorrendola.
Analizziamo, dunque, come funziona la pubblicità partendo dalle esperienze di chi la usa, cioè i consumatori.
Come si comporta il consumatore? Ecco alcune osservazioni sugli atteggiamenti rispetto alla pubblicità che ci saranno di grande utilità. Permettono di evitare errori da principiante e risparmiarsi molti dispiaceri.

Il consumatore sceglie la pubblicità
Negli Stati Uniti si stima che la media delle proposte pubblicitarie che un consumatore incontra possa arrivare a 2000 al giorno. Nel nostro paese non ci sono studi così precisi, ma si pensa che siano più di mille.
Il problema dell’affollamento pubblicitario non è così nuovo come molti pensano. Nel 1759 Samuel Johnson scriveva su The Idler: «Gli annunci pubblicitari sono oggi così numerosi, che sono letti con negligenza, ed è perciò divenuto necessario conquistare l’attenzione con magnificenza di promesse, e con eloquenza talvolta sublime e talvolta patetica».
Non è sorprendente, perciò, che il consumatore cerchi il modo di evitarla. Ciò che oggi facciamo con il telecomando esisteva molto prima che i mezzi elettronici lo rendessero più facile. L’occhio umano è capace di saltare quasi istintivamente gli annunci in un giornale o in una rivista .
Più ampiamente, il sistema percettivo ci permette di eliminare e “non vedere” o “non sentire” ciò che non ci interessa. Anche indipendentemente dalla pubblicità, la quantità di stimoli quotidiani è infinitamente superiore alla nostra capacità di percepirli. Prove sperimentali hanno dimostrato come le persone sappiano “non vedere” (o rimuovere) qualcosa se per loro non è interessante, anche se l’hanno davanti agli occhi. Questo è uno dei motivi per cui è molto difficile far “cambiare idea” a una persona.
Il consumatore oggi è un esperto nell’uso delle tecniche di selezione per filtrare i messaggi che riceve. Un esame superficiale dei messaggi gli basta per decidere quali ascolterà ed elaborerà e quali ignorerà spietatamente.
Ci sono solo due grandi fattori in gioco in questa selezione: le sue esigenze, i suoi gusti e umori del momento; e la nostra capacità creativa per essere rilevanti e richiamare la sua attenzione.
Dei mille messaggi quotidiani, un consumatore normale arriverà a ricordarne con precisione tre. I restanti 997 possono rimanere sterili, perciò nella lotta per superare questa soglia non dobbiamo lesinare sforzi creativi.
Il “ricordo” specifico di un messaggio pubblicitario non è la misura della sua efficacia. Ci sono annunci, film, manifesti eccetera che ricordiamo, per qualche loro caratteristica insolita o interessante, ma di cui non teniamo alcun conto nelle nostre scelte. Ci sono, invece, infinite cose di cui siamo convinti anche senza ricordare esattamente da quale persona, fonte, fatto o circostanza abbiamo ricavato quella convinzione. Questo vale anche per la pubblicità. Raccogliamo ciò che ci interessa o può esserci utile, dimentichiamo il resto. Ogni messaggio che riceviamo (pubblicitario o non) non è un segnale isolato; nel momento in cui lo percepiamo si mescola immediatamente con le nostre conoscenze, esperienze e opinioni, diventa una nostra conoscenza, che può essere molto diversa da ciò che qualcuno aveva intenzione di dirci. La non comprensione di questo “metabolismo” mentale è uno dei motivi per cui si produce tanta comunicazione inefficace. È vero, comunque, che la quantità di stimoli (pubblicitari e non) cui siamo sottoposti ogni giorno è enorme; superare da barriera del “rumore” e cogliere la nostra attenzione è tutt’altro che facile.

Il consumatore si aspetta dalla pubblicità informazione, comunicazione interessante e fiducia
Come ogni atto di comunicazione, la forza e il valore della pubblicità dipendono dal suo destinatario. Deve essere rivolta a lui, pensata per lui, interessante per lui.
Come? Dedicando molta attenzione alle tre cose fondamentali che i consumatori si aspettano dalla nostra pubblicità: informazione, divertimento e fiducia.
L’informazione può essere di molti tipi. Può essere l’essenziale, cioè far conoscere le caratteristiche del prodotto. O andare oltre, per dimostrare come funziona, che cosa farà in favore del consumatore o in che cosa è diverso da altri prodotti simili.
Si considera utile anche un’informazione meno diretta, ma che può essere ugualmente decisiva, come il riferimento al tipo di persone che usano questa marca, o all’impresa che la produce, o a quegli altri valori che da una ricerca risultino i più importanti per il consumatore in quel prodotto.
Più si conosce il consumatore e si capiscono le sue esigenze, più vicina a lui sarà l’informazione.
La qualità del messaggio - che sia divertente, stimolante, interessante – è un altro fattore. Può attirare il pubblico e far sì che gradisca il messaggio, cosa del tutto desiderabile. La ricerca dimostra che se un annuncio è gradito vende di più.
Tuttavia, molti annunci non fanno altro che intrattenere. Alcuni arrivano all’estremo di preoccuparsi così tanto di essere attraenti da dimenticare di spiegare a spettatori o lettori a che cosa serve il prodotto. Questa caduta in picchiata nel mondo dello spettacolo può essere mortale se non ci si protegge con le reti di sicurezza dell’informazione e della fiducia.
Nella vita è straordinario avere veri amici, amici di cui ci si può fidare ciecamente. La fiducia non è qualcosa che si improvvisa. È difficile e lenta da conseguire, facile da perdere. Richiede serietà, perseveranza... e anni.
In pubblicità, la fiducia non si conquista con l’impatto, ma con un processo graduale. La fiducia totale arriva solo come risultato di tante piccole fiducie parziali che si concedono ai prodotti.
Se qualcuno crede nel nostro prodotto e lo compra una volta vuol dire che comincia a darci fiducia, ma questo ci obbliga a non deluderlo. Si è dimostrato precisamente, in base a ricerche, che quando qualcuno ha comprato un prodotto una volta è più disposto a prestare attenzione alla pubblicità di quel prodotto, perché sente la necessità di dimostrare a se stesso che la sua scelta è stata giusta e il prodotto merita di essere usato. A questo punto il processo di costruzione della fiducia è appena all’inizio.

Il consumatore non è fedele a una sola marca: sceglie entro una gamma
Forse la nostra sarà una storia d’amore, ma non durerà tutta la vita. Il supermercato non è un tempio in cui i matrimoni si consacrano per l’eternità. La fedeltà è un’utopia in un mercato dove il verbo comprare si coniuga facilmente.
Andrew Ehrenberg della London Business School dimostrò, al di là di ogni dubbio, non solo che i consumatori di una marca ne comprano anche altre nella stessa categoria, ma anche che nella maggior parte del settore alimentare solo dieci consumatori su cento comprano esclusivamente la stessa marca per tutto un anno.
Le sue ricerche dimostrarono che ogni consumatore ha un repertorio di marche. Ognuna di esse è intercambiabile con le altre, perché probabilmente ognuna di esse è acquistata abitualmente da quel consumatore. Quelle che non fanno parte del suo repertorio sono percepite come non accettabili.
Perciò, il primo obiettivo della pubblicità è far sì che la nostra marca appaia in questa short list, in questa ristretta lista privata di marche pre-scelte. Ogni altra cosa è una predica nel deserto.
È un ammonimento molto importante per le nuove marche che hanno la pretesa di introdursi nel mercato. L’immodestia fa sì che qualche volta questi “forestieri” o nuovi arrivati dimentichino la loro condizione e pretendano di sedurre fin dalla loro prima apparizione in pubblico.
Il miglior consiglio è salire passo per passo. Che si fidino della nostra marca sarà il primo risultato. Una volta salita sulla scena, dovrà abituarsi a condividere gli applausi con altre stelle, cercando di avere più ammiratori delle sue rivali. Solo così potrà arrivare ad essere la “prima donna”.

Il consumatore cerca informazioni se il rischio è alto, e trova nella fedeltà l’acquisto sicuro
Ci sono prodotti il cui acquisto è associato a un certo rischio, come per esempio le automobili per il loro prezzo, o gli alimenti infantili per la responsabilità che si assume. Quanto più alto è il rischio, tanto più estesa è la ricerca e più probabile che il consumatore presti attenzione a varie fonti di informazione, compresa la pubblicità.
La pubblicità non deve ingannare. E non mi riferisco solo all’inganno sulle aspettative create per il prodotto, anche se questo è uno dei peccati più gravi che si possano commettere, ma a tutto ciò che può lasciare un senso di delusione, nell’esperienza immediata o a distanza di tempo. Parlo di non deludere il consumatore preoccupato per il rischio che deve assumere, ansioso di trovare informazioni e argomenti convincenti nella nostra comunicazione.
La sfida per la pubblicità è lavorare con misura. E quando si lavora per un prodotto nuovo o a rischio alto, o per una nuova marca, informare è più importante che sedurre. Ci sono diversi tipi di rischio, come quelli che derivano dall’uso del prodotto (come nel caso degli attrezzi meccanici o degli insetticidi) o quelli che riguardano la soddisfazione delle aspettative (come nei prodotti di prezzo alto, quali le automobili, gli elettrodomestici o le vacanze) o i rischi psicologici di relazione (in quei prodotti di consumo che implicano ostentazione della marca, come la moda, le bevande alcoliche, le sigarette ecc.).
Essere consumatore non è una professione cui ci si dedica in modo esclusivo. Tutti siamo consumatori e facciamo scelte di acquisto; né il tempo né le altre nostre vocazioni e occupazioni ci permettono di essere assolutamente rigorosi e coerenti nelle nostre scelte quotidiane.
Ciò che può aiutarci a ottenere la fedeltà del consumatore è conoscere le sue abitudini. Il bombardamento di novità già contribuisce a rompere la routine, ma l’istinto di conservazione fa sì che, in certi acquisti, prevalga la scelta abituale e sicura. Per evitare rischi e non perdere tempo.
Conoscere questo atteggiamento è altrettanto utile per la marca consolidata – che deve cercare di rafforzare le abitudini di acquisto – quanto per la marca nuova, il cui obiettivo è romperle.

I benefici sociali della pubblicità
Oggi la pubblicità è accettata dalla maggior parte di noi perché ormai si è integrata perfettamente nella nostra vita e fa parte della nostra esperienza quotidiana. Forse più che una critica frontale come quella che superò al suo inizio, oggi incontra opposizione soprattutto da parte di coloro che se ne sentono saturati.
Il maggior difetto della pubblicità è che ce n’è troppa. Non so se è un problema che si risolverà, o no, nel tempo.
Ovviamente la pubblicità non è perfetta. Né peggio di tante altre cose. È reale come la vita stessa. Nasce a immagine e somiglianza dell’uomo e delle sue abitudini sociali. Come specchio fedele della nostra società, è logico che non le manchino i difetti.
Tuttavia, a margine del discorso su come funziona la pubblicità e su tutti i suoi meccanismi, vorrei lasciare un po’ di spazio in questo primo capitolo ad alcuni benefici sociali della pubblicità, che forse non riconosciamo perché li diamo per scontati, ma sono decisivi nella nostra vita di oggi.
Vorrei avvertirvi che ciò che leggerete da qui in avanti può essere considerato un annuncio pubblicitario, perché sarà una raccolta di argomenti che indicano fino a che punto la pubblicità influisce positivamente sull’evoluzione sociale.
Spero che questi argomenti siano convincenti, come una buona pubblicità per la pubblicità. Perché la buona pubblicità può essere solo questo: argomentare e convincere.

A) La pubblicità migliora la relazione qualità/prezzo
Pubblicità, marketing e concorrenza sono i diretti responsabili della riduzione dei prezzi. Un esempio moderno di questo fatto sono i viaggi organizzati. Grazie alla pubblicità la gente viaggia di più, e farlo è ogni giorno di più alla portata di tutti i portafogli.
Un altro esempio riguarda il gli avvocati americani. Da quando fu tolto il divieto di fare pubblicità ai servizi legali, si scatenò la concorrenza. Già ne dava notizia The Economist nel 1978. «L’uso di una pubblicità poco sofisticata e fatta in casa da meno del tre per cento di tutti gli avvocati è bastato per iniziare una rivoluzione nel mondo del diritto. Il costo di servizi come testamenti o divorzi è dimezzato».

B) La pubblicità promuove l’innovazione
Fibre artificiali, elettrodomestici, pentole antiadesive, personal computer, carte di credito, veicoli con freni a disco, servosterzo e ABS. Tutte queste sono state innovazioni, ognuna con costi enormi. Solo dopo esser passate dalla prova del fuoco del mercato, attraverso la pubblicità, hanno potuto essere confermate e accettate dalla nostra società. La risposta massiccia alle loro vendite ha permesso di migliorarle e di abbassarne il prezzo per metterle a disposizione della maggioranza.

C) La pubblicità sviluppa la libertà di scelta
Dice l’Associazione europea delle agenzie di pubblicità: «La pubblicità sviluppa e potenzia la libertà di scelta, diritto considerato come l’essenza della democrazia”. Fernando Romero ha scritto nel suo saggio El derecho de elegir (“il diritto di scegliere”): «Il marketing è un’espressione evidente della democrazia. La decisione della scelta sta nelle mani del consumatore. Giorno per giorno traccia con le sue azioni la strada del successo o fallimento dei politici e dei prodotti. Potremmo dire che con i suoi acquisti quotidiani sta votando, come potremmo dire che con il suo voto ogni quattro anni sta comprando. Comprando idee, speranze, progetti. E, soprattutto, esercitando il suo diritto di scegliere».

D) La buona pubblicità forma e informa il consumatore
La pubblicità del tabacco e dell’alcol è un tema di costante dibattito. La pubblicità influisce sulle abitudini di consumo, ma può farlo nei due sensi. Come elemento di informazione pubblica, i progressi nella sensibilizzazione sociale sui problemi derivanti dall’abuso di tabacco e alcool sono dovuti anche a campagne pubblicitarie.
È ampiamente dimostrato che la pubblicità, mentre ha contribuito fortemente all’affermazione di singole marche (per esempio, al successo mondiale delle Marlboro) ha avuto una scarsissima influenza sulla diffusione generale dei consumi di alcol o di tabacco. Per trent’anni in Italia, nonostante divieto totale della pubblicità per i “prodotti da fumo”, il consumo di sigarette ha avuto un forte aumento, anche fra i giovani. Solo molto più tardi è diminuito, per effetto di una forte corrente di opinione che è partita dagli Stati Uniti e si è diffusa in Europa, come in altre parti del mondo. In senso inverso, per molti anni è diminuito continuamente il consumo di alcolici, benché ci fossero forti investimenti pubblicitari nel settore (che solo alcuni anni più tardi si erano ridotti, in seguito alla diminuzione dei consumi).
Ho avuto l’occasione di realizzare campagne istituzionali, come quella per la Generalitat de Catalunya “Non ingannarti, questo non è vita” per diffondere coscienza dei pericoli dell’abuso di alcool e tabacco, così come dei valori dell’esercizio fisico e di un’alimentazione sana.
L’aumento notevole del consumo di prodotti illegali – e perciò senza pubblicità – come le droghe pesanti, ha indotto i governi a ricorrere ai migliori pubblicitari per lanciare campagne informative e di presa di coscienza rivolte ai giovani e ai gruppi a maggior rischio. La pubblicità si è rivelata uno degli strumenti efficaci di formazione e prevenzione.
Purtroppo accade raramente in Italia. Finora la “pubblicità sociale“ nel nostro paese si è rivelata quasi sempre un fallimento o uno spreco (con qualche lodevole, ma rara, eccezione). Questo non è dovuto solo ai criteri di assegnazione dei contratti, spesso influenzati dagli stessi meccanismi perversi che hanno condizionato tante altre attività pubbliche in Italia. Il problema più importante (che non si risolve certo con i controlli formali della Corte dei Conti o del Consiglio di Stato) è la scarsità di strategie chiare, di strutture di servizio adeguate – in generale di quella che in un’area commerciale si definirebbe una “strategia di marketing”. Quasi tutti i nostri ministeri o servizi pubblici, quando fanno pubblicità, badano più a “farsi belli” per raccogliere voti e simpatie che a raggiungere risultati o dare un vero servizio alla società civile. Lo stesso fenomeno ha influito perfino su alcune campagne di “pubblicità progresso”, mirate più a “dare lustro” all’istituto che a ottenere risultati concreti e misurabili.

E) La pubblicità può contribuire all’evoluzione del costume sociale
La pubblicità non può non tener conto dell’evoluzione del costume e della società. Come ha ben detto Néstor Lujan in uno dei suoi articoli, «La pubblicità è il riflesso dei nostri costumi».
La pubblicità ha favorito l’uso di soluzioni domestiche pratiche nel pieno della rivoluzione famigliare per l’aumento dell’occupazione femminile. Qualche volta la pubblicità riesce ad anticipare una tendenza, come racconterò nel caso di Prénatal, un cliente che mi è particolarmente caro: insieme riuscimmo a far si che i papà si sentissero orgogliosi di prendersi cura dei loro bambini.
La buona pubblicità lavora a favore della corrente; quando è realizzata con approfondimento e intelligenza, la sua spinta innovatrice può anticipare i cambiamenti annunciati, favorire o stimolare l’evoluzione sociale.
La pubblicità è uno strumento di progresso, di comunicazione, fatto a misura delle esigenze umane e con grandi possibilità di migliorare la qualità della nostra vita. Come ogni strumento, può essere usata male; ma quando è fatta bene e con coscienza i suoi benefici sociali sono straordinari.

Il 15 giugno 1931, in un discorso all’Advertising Federation of America, Franklin D. Roosevelt disse:
«Se ricominciassi la mia vita, credo che preferirei lavorare in pubblicità che in qualsiasi altra professione. Perché la pubblicità è arrivata a coprire l’intera gamma delle esigenze umane; e unisce autentica fantasia allo studio profondo della psicologia umana. Poiché porta a un gran numero di persone la conoscenza di cose utili, la pubblicità è essenzialmente una forma di educazione... Il generale miglioramento delle condizioni di vita nelle civiltà moderne sarebbe stato impossibile senza quella conoscenza di livelli più elevati che è diffusa dalla pubblicità».
elisabetta p